Santa Maria Capua Vetere

Spaccio di stupefacenti a Caserta: 11 condanne

Undici condanne e due assoluzioni.

Si è concluso così il processo, con rito abbreviato, a carico di un gruppo responsabile di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente in due punti ‘caldi’ di Caserta: nei pressi della Reggia, davanti ai Giardini della Flora, e nel rione Bronx della Frazione San Clemente.

Undici le persone che il gip Nicoletta Campanaro ha condannato:

Pasquale Bruno, 27enne di Macerata Campania (5 anni e 6 mesi),

Alberto Cecere, 40enne di Caserta(9 anni),

Antonio Salvatore Farina, 23enne di San Clemente (2 anni e 8 mesi),

Alessandro Motta, 28enne di Napoli (7 anni e 4 mesi).

Domenico Mereu, 29enne di Caserta (5 anni),

Emanuele Raucci, 22enne di Maddaloni (2 anni),

Rosaria Michelangela Tartaglione, 23enne di Macerata Campania (1 anni e 8 mesi),

Paolo Varone, 36enne di Caserta (5 anni e 6 mesi),

Antonio Vergone, 23enne di Caserta (3 anni),

Ciro Vergone, 46enne di San Clemente (3 anni),

Roberto Vergone, 25enne di Caserta (3 anni).

Sono state invece assolti perché il fatto non sussiste: Davide Maccarone e Domenico Mingione.

Nel corso dell’indagine si era accertata:

l’esistenza nella città di Caserta di cinque importanti “piazze di spaccio” di marijuana, hashish e cocaina;

individuata la zona di Maddaloni e dell’hinterland napoletano quali canali di approvvigionamento;

documentata la condotta di 4 donne nel rifornire la rispettiva piazza di spaccio, arrivando ad operare anche durante lo stato di gravidanza.

I luoghi maggiormente individuati in Caserta per le cessioni di droga sono stati riscontrati nei pressi del Parco Cerasole, nel Parco Falcone, nel Rione Cappiello e nel “Bronx”, ma anche nei giardini della Flora, nei pressi della Reggia di Caserta.

Il linguaggio utilizzato dagli indagati nelle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, sebbene reso criptico e convenzionale non è servito a nascondere la vera attività illecita svolta.

Gli arrestati infatti parlano genericamente di “prendersi un caffè”, “desiderare una pizza a domicilio” o “un barattolo di nutella”. Proprio l’uso di termini poco naturali, riferibili all’acquisto e alla smercio della droga, ha contribuito a individuare e neutralizzare la rete di spacciatori.

Dalle indagini è emerso anche che i pusher si incontravano spesso per prendere accordi sulle cessioni di droga davanti a una cappella votiva della Madonna posta nel Rione Cappiello.

I pusher, sebbene non organizzati in un’associazione, si tenevano in contatto scambiandosi anche la droga quando qualcuno non ne aveva la disponibilità.

Condividi!