«Bisogna leggere con attenzione i dati sull’economia casertana. Già da ora, però, non mi sento di condividere l’ottimismo legato all’alta percentuale di imprese giovanili in provincia di Caserta». E’ categorico Luciano Calemme, neosegretario della Feneal Uil di Caserta, nel commentare i dati che presentati al Prefetto di Caserta, Carmela Pagano.
«Molte delle nuove ‘Partite Iva’ assumono la forma giuridica della ditta individuale – continua Calemme – e sappiamo bene che questo fenomeno molto spesso non fa altro che mascherare come autonomi lavoratori che in realtà sono veri e propri dipendenti. Un fenomeno che andrebbe contrastato con maggior vigore».
Le preoccupazioni del segretario dei lavoratori edili, però, si allargano alla penuria di nuovi imprenditori nel settore edile e in quello agricolo. Il calo di attenzione da parte dei giovani nei confronti di questi rami dell’economia locale «rispecchiano quello che abbiamo già denunciato lo scorso 31 ottobre in occasione della presentazione del Dossier Caserta – spiega Luciano Calemme –. Fenomeno preoccupante poiché settori anticiclici per loro natura».
Sono oltre 300 i milioni bloccati e destinati alle grandi opere. Soldi che nella sola provincia casertana potrebbero generare almeno 30mila posti di lavoro fra lavoratori diretti e quelli dell’indotto.
Nel primo semestre di quest’anno sono 6.780 i lavoratori edili iscritti alla Cassa Edile. Un dato che, alla fine dell’anno, potrebbe allinearsi a quello fatto registrare al 31 dicembre del 2012 (9.758 persone registrate), confermando ancora una volta come la crisi abbia colpito settore in provincia di Caserta. Dal 2007 ad oggi, quando gli iscritti alla Cassa erano 14.937, sono circa 5.000 i posti di lavoro persi nel settore. Per invertire la tendenza c’è bisogno di un segnale forte delle istituzioni, soprattutto in settori che generano posti di lavoro in momenti di crisi. «E’ difficile pensare di poter attrarre nuovi imprenditori in questi settori – conclude il segretario dei lavoratori edili – se lo Stato dovesse continuare a non farsi garante del risanamento ambientale, da un lato, e non sbloccare i fondi destinati alle opere pubbliche dall’altro. Sbloccare i fondi per le grandi opere e investire sul risanamento ambientale è ormai un obbligo per rilanciare l’occupazione e contrastare il contraccolpo di immagine, che patiscono particolarmente i produttori del settore agricolo».
(Comunicato Stampa Feneal Uil – Federazione Nazionale dei Lavoratori Edili Affini e del Legno)