Santa Maria Capua Vetere

Violenza contro le donne: Appello di Rosaria Aprea

Aprite la porta di casa e denunciate“: è l’appello di Rosaria Aprea, la miss di Macerata Campania  presa a calci lo scorso 21 maggio dal suo ex compagno Antonio Caliendo, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Rosaria rimase in ospedale 19 giorni. Subì tre operazioni: le fu tolta la milza e ora non ha più l’ombelico. Al loro posto “una cicatrice ricordo di un amore malato che era stato più forte delle violenze fisiche e psicologiche“.

Antonio oggi è a piede libero per decorrenza dei termini della misura cautelare della detenzione e martedì 26 novembre sarà processato a Pesaro per una delle prime aggressioni perpetrate su Rosaria Aprea durante una sfilata di moda dove fu incoronata reginetta.

La violenza fisica – afferma la giovane miss madre anche di un bambino di poco più di un anno – ti induce in una soggezione psicologica che è una lama invisibile che continua ad essere puntata al tuo collo anche dopo l’aggressione e dopo che le ferite sono cicatrizzate. Paradossalmente dopo ci vuole un gesto di forza per uscirne. Io non avevo compreso da subito l’importanza della denuncia e della ribellione alla mia violenza subita. Ma quando il mio avvocato Carmen Posillipo ha rinunciato al mio caso, prima non ho compreso, ma poi ho appreso l’importanza di denunciare ogni forma di violenza. La violenza non si cancella lascia cicatrici visibili ma soprattutto invisibili. Denunciamo ogni forma di violenza, ma voi aiutateci a fare giustizia“.

E proprio l’avvocato Carmen Posillipo ha sottolineato l’importanza della difesa giuridica. “La difesa ha come sua prima finalità quella di aiutare le vittime a uscire dal silenzio. Sono state moltissime le donne che hanno deciso di non denunciare discriminazioni, violenze e abusi: questa scelta è dovuta in parte alla mancanza di strumenti e alla impossibilità materiale di procedere alla denuncia stessa, ma in parte anche alla mancanza di consapevolezza del proprio status di vittime. In molti casi gioca, inoltre, un ruolo determinante la paura di affrontare da sole il giudizio della comunità di cui si fa parte. Ultime, ma non meno importanti, le lungaggini della macchina giudiziaria, che impone tempi di attesa tali da rendere la denuncia inutile, quando non addirittura controproducente. Consapevoli che la soluzione di un problema passa attraverso la sua conoscenza e che il primo passo per vincere la battaglia contro discriminazioni, violenze e abusi è parlarne, l’invito che rivolgo a tutte le donne è quello di non chiudersi, ma di aprire la porta e denunciare, perché la violenza non è una vostra colpa“.

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