Come è stato scarcerato, simulando un improbabile stato di cecità, a dispetto della condanna per omicidio; chi lo ha armato e messo a capo dell’ala stragista dei casalesi. Come è nato il progetto eversivo di colpire lo Stato, di aggredire (anche in modo gratuito) cittadini inermi, ritenuti responsabili (anche a distanza di decenni) di non aver pagato il pizzo. Perché ha ucciso Orsi, l’imprenditore dei rifiuti per anni sponsorizzato da politici in carriera. Ma anche: quali erano i contatti e le protezioni che gli hanno consentito di consumare decine di omicidi (tra cui la strage dei nordafricani), trasformando il caso casalesi in emergenza nazionale.
Eccoli i punti su cui Giuseppe Setola è atteso al varco, per misurare la sua potenziale credibilità di «aspirante» collaboratore di giustizia.
La svolta, nelle prossime ore nel carcere di Opera a Milano, quando il boss ergastolano incontrerà due pm del pool anticamorra di Napoli.
Ha scritto dall’isolamento di una cella al 41 bis, ha chiesto di parlare. Ha detto che è pronto a collaborare con la giustizia, che vuole pentirsi.
Quanto basta a rendere obbligatorio un incontro tra Setola e i due pm Giovanni Conzo e Cesare Sirignano, magistrati di lungo corso del pool anticamorra guidato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.
Una svolta possibile, anche se non scontata, che arriva al termine di mesi in cui il boss stragista aveva provato a mandare una serie di messaggi.
Più volte si era rivolto in aula al pm Sirignano e al collega Alessandro Milita, sia con richieste di chiarimenti, sia con messaggi sinistri, spesso dall’esplicito contenuto intimidatorio.
Poi, di recente, si era rivolto ai giudici, chiedendo loro perché i “pm andavano a trovare solo i pentiti, senza degnarlo di attenzione”.
Mezze frasi, allusioni, minacce. Poi, in questi giorni, un telegramma dal carcere duro, rivolto alla Procura di Napoli, in cui lo stesso Setola ha chiesto di parlare.
Sarà vero? Difficile sostenere per il momento una scelta compiuta.
Molto dipende proprio dalle prime ore del faccia a faccia che si terrà, quando si giocherà più o meno a carte scoperte.
Iovine, Setola, poi uno stretto parente del boss Bidognetti, ancora Caterino e Pellegrino (questi ultimi due legati al boss Michele Zagaria): si capisce che qualcosa è cambiato sul territorio, che sono venuti a mancare i riferimenti di un tempo.
Una sorta di anno zero della camorra di Casale, ma anche un possibile tsunami destinato a travolgere gli equilibri di sempre, a partire da quel sistema di coperture istituzionali che ha consentito ad un gruppo di malviventi di muovere l’attacco allo Stato e di diventare questione nazionale.
Ma a “gelare” tutte le attese una nota difusa dal suo difensore legale Alberto Martucci.: “In qualità di difensore di Giuseppe Setola e in relazione alle pubblicazioni apparse in data odierna su alcuni i organi di diffusione di informazioni, comunico che non corrisponde al vero la notizia secondo la quale Setola avrebbe intrapreso un percorso di collaborazione e/o pentimento“.
In ambienti di procura a Napoli comunque una ipotesi di eventuale pentimento del capo dell’ala stragista dei Casalesi era guardata con molto scetticismo.