Ancora un colpo di scena nel processo al killer Giuseppe Setola, membro dell’ala stragista del clan camorristico dei Casalesi, reo confesso di ben 46 omicidi commessi durante la sua carriera di sanguinario assassino al soldo della camorra.
Durante un’udienza in corso a Santa Maria Capua Vetere, Setola, già imputato per diversi ergastoli, ha deciso di pentirsi.
E’ stato lui stesso a dirlo collegato in videoconferenza dal carcere milanese di Opera durante il processo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, ammazzato durante la folle stagione di assalto allo Stato tra il 2008 e il 2009 in provincia di Caserta.
Setola, dopo aver richiamato l’attenzione del pm Alessandro Milita, esordisce: “Dottor Milita, io ci vedo benissimo (Ndr: il riferimento è ai suoi presunti problemi di vista che gli consentirono di ottenere il ricovero in una struttura ospedaliera di Pavia da dove poi evase). Da oggi voglio fare il collaboratore di giustizia. Mandatemi a prendere. Mettete in salvo la mia famiglia altrimenti i Bidognetti li uccidono. Dottore venga da me già questa sera e le dirò tutto. Mi dispiace per Casal di Principe“.
Setola, dopo aver revocato l’incarico all’avvocato Paolo Di Furia e nominato suo difensore il legale di molti collaboratoti di giustizia Di Micco, ha rivolto un appello anche a un altro affiliato, Giovanni Letizia, collegato anche lui in videoconferenza: “Giovà, lo so che non sei d’accordo, ma a mala vita è finita. Milita metta in riparo la mia famiglia“.
Successivamente lo stesso Letizia, sempre in video-conferenza, ha risposto al boss Setola sulla richiesta di pentimento: “Presidente, ho sentito di questo nuovo pentito, ma io non mi pento, piuttosto muoio in carcere“.
Da parte sua, con i giornalisti che gli chiedono se accoglierà l’appello del capo dell’ala stragista clan camorristico dei Casalesi, disposto a pentirsi a parole, invitando i magistrati ad andare a raccogliere le sue dichiarazioni, si mostra cauto lo stesso pm Alessandro Milita: “La mia reazione e’ questa: non sono minimamente sorpreso.
Setola venne arrestato nel gennaio 2009 dopo una lunga latitanza trascorsa a capo di un commando di fuoco composto da sei assassini affiliati al clan camorristico Bidognetti.
La scorsa estate aveva iniziato a incontrare per colloqui investigativi gli inquirenti napoletani, ma l’ipotesi di un suo pentimento pareva tramontata.
Adesso toccherà ai pm antimafia Milita e Sirignano (quest’ultimo gestisce anche il pentimento di Antonio Iovine) raccogliere le dichiarazioni del boss stragista e sottoporle alle opportune verifiche.
Setola può svelare molti aspetti della criminalità organizzata in provincia di Caserta e probabilmente anche nel resto della Campania.
Non solo omicidi, ma anche e soprattutto gli affari sporchi commessi dai colletti bianchi della cosca e i rapporti con l’imprenditoria e la politica colluse (a cominciare dalle villette del clan affittate ai militari della Nato).
In particolare, Setola – condannato a sei ergastoli per la strage degli africani a Castevolturno – potrebbe svelare i piani segreti della camorra casertana per ammazzare i magistrati maggiormente impegnati sul fronte antimafia.
Un argomento top-secret di cui ha parlato recentemente anche un altro camorrista reo confesso, Roberto Vargas, che ha spiegato agli increduli inquirenti che, pur di eliminare gli odiati pubblici ministeri della Dda, i Casalesi si sarebbero rivolti ai terroristi islamici. E, a fare da mediatore, sarebbe stato Nicola Schiavone, figlio del padrino Sandokan.
«Mi disse che avremmo potuto colpire il pool di magistrati, per primo Cafiero de Raho e poi a seguire chi del pool che si occupava della camorra casalese», ha raccontato Vargas agli inquirenti. «L’azione sarebbe stata portata a termine dai terroristi, mentre noi avremmo fornito gli appoggi logistici».
Secondo quanto diceva Schiavone “i terroristi erano stati già addestrati a colpire in quanto avevano preso parte a fatti di sangue all’estero. Siccome i terroristi avevano avuto alcuni problemi, si erano alleati con Nicola al fine di ottenere dei rifugi sicuri nell’agro-aversano».
Aggiungendo subito dopo: «Schiavone mi disse di aver incontrato questi terroristi e che sarei dovuto essere io il contatto diretto con queste persone, mentre lui si sarebbe trasferito a Modena, per sviare le indagini nei suoi confronti. Poi sono stato arrestato e quindi non se ne è fatto più nulla».