Il prossimo 3 marzo chiuderà, dopo 120 anni di continua attività, l’Antico opificio serico di San Leucio.
Sull’azienda, gestita dalla famiglia De Negri, pende infatti uno sfratto esecutivo la cui ordinanza è stata emessa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
L’attività era iniziata nel 1895 sulla scia di una tradizione che era stata voluta da Ferdinando IV di Borbone con l’obiettivo di lavorare tessuti di seta qualitativamente superiori a quelli francesi prodotti a Lione e che aveva portato San Leucio a conquistare un vero e proprio primato mondiale per le produzioni in seta tant’è che le stoffe prodotte dall’Antico opificio serico di San Leucio hanno arredato anche le sale di Montecitorio, alcuni paramenti papali a Città del Vaticano e persino alcune pareti interne della Casa Bianca negli USA.
Da circa una decina d’anni però è iniziata e si acutizzata una “parabola discendente” dovuta alla stringente crisi economica ed al continuo costo della vita a cui ha fatto da contraltare, nel campo specifico, un’arrembante concorrenza che arriva dai produttori asiatici con prodotti a miglior prezzo, ma qualitativamente inferiori.
Un calvario che purtroppo sta per concludersi nel peggiore dei modi.
Ed il diffondersi di questa triste notizia ha scatenato in tutta Italia lo scatenarsi sponaneo di una vera e propria campagna di solidarietà e sensibilizzazione per sostenere l’antico opificio.
Tra i partecipanti anche l’ex ministro ai Beni Culturali Massimo Bray che, in un suo post su un noto Social Network, ha scritto: “Chiude l’ultima seteria ancora attiva della Real Colonia della Seta fondata dai Borbone nel diciottesimo secolo (NdR: ad onor del vero, a San Leucio di Caserta rimane ancora attivo l’opificio Alois a cui toccherà, dal prossimo 3 marzo, sobbarcarsi anche l’onere di tramandare l’antico lavoro di raffinato artigianato)”.
“Non soltanto 15 famiglie perderanno il loro lavoro, ma la Campania e l’intero Paese perderanno l’ultima testimonianza di una realtà culturale e sociale irripetibile, una pietra miliare della storia dell’artigianato italiano – ha continuato Bray che poi ha lanciato un accorato appello – Chi ha la responsabilità di quel territorio e dei beni culturali non possa non ascoltare la voce di chi domanda che l’eccellenza italiana sia tutelata e tramandata ai nostri figli».