Sono ormai le 22, la gente freme, applaude con insistenza, vuole Bennato.
Il più grande rocker della storia della musica italiana entra all’improvviso e, senza dire una parola, cala un tris d’assi da brividi lungo la schiena: “Abbi dubbi”, “Sono solo canzonette”, “Il gatto e la volpe”.
Poi, le travolgenti sonorità blues di “E’ asciuto pazzo ‘o padrone”, canzone dedicata a Diego Armando Maradona, grande amico di Bennato, e scritta in risposta alle dichiarazioni di alcuni “intellettuali” napoletani che contribuirono alla dipartita del Pibe de oro.
Subito dopo, come un cazzotto in pieno viso durante una rissa, arriva “Il paese dei balocchi”, pezzo del ’92 ma di sconcertante attualità, note che parlano di immigrazione e razzismo.
Il rocker napoletano parla poco, ci pensano canzoni come “Asia”, “E’ lei” e “Non è amore” a ricordare ai presenti la mediocrità della politica contemporanea, ponendo l’accento sulla realtà sociale e culturale del nostro paese.
Non c’è sosta né respiro, le canzoni si susseguono freneticamente, rock puro e testi importanti: “L’isola che non c’è”, “Una settimana, un giorno”, “Mangiafuoco” con tanto di video con le brutte facce dei politici contemporanei.
“Vivo a Napoli, il posto più bello del mondo, e la nuova Bagnoli è il sogno di tutta la mia vita. Ho sempre sperato di vedere l’area di Coroglio restituita alla sua vocazione turistica”, queste le parole che introducono “Vendo Bagnoli”, pezzo cult dedicato alla sua terra, tristemente abbandonata, che potrebbe vivere di solo turismo.
Gennaro Porcelli ed uno straordinario Giuseppe Scarpato alle chitarre, Patrix Duenas al basso e Roberto Perrone alla batteria, incantano con la loro maestria ed incredibilmente riescono a smuovere il fin troppo timido pubblico casertano.
“La Luna”, “Rinnegato”, “Notte di mezza estate”, “La mia città”, “Meglio Topolino”, “Le vie del rock sono infinite”, “Il rock di Capitan Uncino”, “Italiani”, “Un giorno credi” e “In prigione in prigione” infiammano la platea, tanti si alzano in piedi e cominciano a ballare ai piedi del palco, incitati da un Bennato scatenato.
Vivere un concerto di Edoardo Bennato è come essere inseguiti da un’auto della polizia lungo le strade sterrate della Louisiana, adrenalina allo stato puro mista all’ansia di essere beccati.
Un ragazzino del ’46 che detta legge in un panorama musicale, quello italiano, triste come l’ultimo giorno d’estate. Noi però siamo “Pronti a salpare”!
(Gianfrancesco Coppo)
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