Sandro Dell’Agnello e Alessandro Santoro a “Cestisticamente Parlando” di Radio PRIMARETE Caserta da ora anche in podcast. Decimo appuntamento con “Cestisticamente Parlando”, il magazine settimanale di Radio PRIMARETE in onda ogni martedi dalle 19:35 alle 20:55 (in replica ogni giovedì alle 0:05 e in podcast sul canale Youtube “Cestisticamente Parlando” e sulla pagina Facebook “Cestisticamente Parlando – Radioprimarete”) e condotto in studio da Francesco Gazzillo, Rosario Pascarella, Mario della Peruta ed Eugenio Simioli (con la regia di Maurizio Lombardi ed Imma Tedesco).
Sandro Dell’Agnello:
A parte l’episodio sfortunato di Varese, in trasferta non avete mai calato la testa contro nessuno…
Si, di questo ce ne va dato atto, e io ne do atto ai miei giocatori perché effettivamente alleno un gruppo molto competitivo. Sicuramente abbiamo dei difetti e delle sbavature, ma altrettanto facciamo fatica spesso ad arrenderci. Il campo ci sta facendo meritare la posizione che abbiamo in classifica.
Al di là dei risultati, quello che si nota è la compattezza del gruppo al di fuori dal campo…
Ci fa piacere che si nota questo, infatti credo che ci vogliano delle regole per tutti nonostante la diversità dei giocatori. Il rispetto di queste regole fa aumentare la stima nello staff tecnico e nei compagni di squadra da parte dei giocatori stessi. Posso dire che sinceramente non ci sono tantissime squadre che giocano bene come facciamo noi e a sprazzi sono godibili da vedere.
Dal punto di vista tecnico, importanti sono stati l’approccio e la gestione emotiva della partita domenica a Venezia…
Credo che, generalizzando, la prima parte della partita è stata una delle migliori dall’inizio del campionato. Siamo una squadra che difficilmente si fa buttare giù, abbiamo l’esperienza necessaria e una grande competitività, e di questo devo ringraziare i miei giocatori che sono molto competitivi.
Ormai tutte le squadre stanno imparando a conoscervi. State preparando i dovuti accorgimenti alle contromisure degli avversari?
Ci stiamo lavorando e ci lavoriamo già da un po’ per il fatto che noi abbiamo tantissimi pregi, ma non siamo una squadra particolarmente atletica e quindi potremo soffrire come fatto a Venezia. Le contromisure sono quelle di essere più rapidi in difesa a prendere le posizioni giuste e ci stiamo già riuscendo, mentre in attacco dobbiamo muovere più la palla di noi stessi, perché ogni volta che fermiamo la palla c’è qualcosa che non va.
Come la vedi la partita di domenica contro Brescia?
Con Burns ha fatto un’addizione molto importante, all’inizio sorprendeva quando stentava perché è una finta neopromossa, visto che i giocatori cardine come i fratelli Vitali e Landry hanno esperienza da vendere e girano da anni in questi campionati. Dovremo stare molto attenti.
Alessandro Santoro:
Ad inizio campionato ci sono stati molti mugugni a Brescia, poi l’innesto di Burns ha dato gli equilibri che mancavano alla squadra…
Siamo stati prudenti all’inizio, perché abbiamo cercato di dare riconoscenza a chi ci aveva portato in Serie A, agendo in controtendenza. Poi il campionato è difficile e molto equilibrato e il verdetto del campo molto spesso è quella sentenza alla quale non ti puoi sottrarre. Burns è una mia vecchia conoscenza, avendolo avuto a Montegranaro, ed è un intervento che ritengo non invasivo e i risultati ci stanno dando ragione, ma il campionato è ancora troppo lungo per cantare vittoria.
Come si gestisce il passare da società leader in A2 al fatto di partecipare dopo tanto tempo in Serie A?
Credo che la gestione dei momenti di comunicazione faccia la differenza. Comunicare in modo corretto e frequente lega molto il tifoso alla realtà sportiva in cui crede. Strategicamente è stata una delle cose più importanti che abbiamo fatto, al di là di ciò che riusciamo a produrre sul campo. Il segreto è dettato dal fatto che, se sei in giro durante la settimana a trovare gente, hai forse più speranza che la gente venga a trovarti domenica al palazzo. Questo è il nostro punto di vista che ci sta dando buoni risultati, aiutato dai buoni risultati sul campo, anche in una piazza esigente come Brescia. Il nostro obiettivo è e rimane la salvezza fino alla fine della stagione.
La cosa che si nota di più è che la vostra squadra si definisce una famiglia con una condivisione di valori importanti. E’ questo il segreto di Brescia?
Sicuramente si, perché passare dal dilettantismo dell’A2 al professionismo della A è una cosa abissale, sia dal punto di vista tecnico e organizzativo. Il fatto di essere nati come una famiglia ha voluto dire tantissimo fino ad un certo punto della nostra esistenza. E’ chiaro che arrivare in Serie A può deviare da quello in cui ha creduto in tutti questi anni, ma sia Graziella Bragaglio che Matteo Bonetti hanno sempre voluto sottolineare che, pur entrando nel professionismo e dovendo dimostrare più professionalità rispetto allo scorso anno, non dovevamo perdere mai quello spirito familiare che poi ha costruito questo grande progetto sportivo. Si può essere sia famiglia che professionisti: questo è il segreto della nostra realtà e di tante che nello sport si affacciano per capire cosa succede e cosa si può fare, ma non si può perdere lo spirito familiare con cui trattare tutti gli addetti ai lavori e i giocatori. Se non tratti bene un giocatore anche quando gioca male, probabilmente lo perdi e non giocherà più bene secondo le sue potenzialità.