Una vera e propria associazione a delinquere messa in piedi in particolare nelle regioni Lazio e Campania (e specificamente nelle province di Frosinone e Caserta) per produrre illeciti guadagni ai danni dei “poveri della terra”, utilizzando i fondi a titolo personale, forse anche per finanziare una campagna elettorale: è quella che Polizia di Stato e Guardia di Finanza hanno scoperto indagando dal 2016 sul cosiddetto “business” dei finanziamenti per l’accoglienza ai profughi.
Nell’occhio del ciclone investigativo è finito il 35enne Francesco Mosillo (sopra, nella foto), imprenditore, titolare di alcune case di accoglienza nell’alto casertano, della casa di cura “Villa Giovanna” a Tora e Piccilli, del laboratorio di analisi “Bielectron” a Roccamonfina, figlio dell’ex-segretario del PD di Cassino e già candidato a sindaco nell’ultimo appuntamento elettorale amministrativo, attuale consigliere comunale di minoranza nonché vicepresidente del Consiglio Comunale.
Con lui sono indagati anche i fratelli Dino (ingegnere, presidente del Consiglio Comunale di Cassino, Forza Italia, nella foto sopra) e Lucio Secondino che hanno tempo fa preso in gestione “La casa della Carità”, balzata agli onori della cronaca il 26/05/2009 quando fu inaugurata addirittura da Papa Ratzinger (Benedetto XVI).
Sotto accusa anche Katia Risi, presidente della cooperativa “La Casa di Tom”, il marito Paolo Aristipini ed un dipendente della cooperativa Luca Imondi nonché l’ex sindaco di centrodestra di Cassino Vincenzo Bruno Scittarelli (in foto, sotto).
Le accuse ai loro danni sono di associazione a delinquere finalizzata al peculato, malversazione e violazione della legge sull’immigrazione.
Le indagini sono concentrate in provincia di Caserta ove il numero degli appalti ottenuti da Mosillo è particolarmente elevato.
La procura di Cassino, diretta da Luciano D’Emmanuele (che ha affidato il fascicolo al pm Alfredo Mattei), ha chiesto per questo motivo al gip Angelo Valerio Lanna di indagare per altri sei mesi, dopo che nei precedenti nove le Fiamme Gialle hanno passato al setaccio conti correnti bancari, posizioni lavorative e controllato ogni singolo episodio ricollegabile ad un eventuale mancato controllo oppure una scarsa assistenza da parte di operatori e responsabili delle case di accoglienza.