Ad annunciarlo, con grande soddisfazione, è stato su Twitter personalmente il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha tributato un plauso pubblico alla Polizia per la “straordinaria operazione”.
Si tratta infatti di un maxi sequestro per complessivi 60 milioni di euro ai danni del clan camorristico dei Casalesi.
Una gigantesca operazione che ha colpito due fratelli, imprenditori di Trentola Ducenta, considerati entrambi vicini al capoclan Michele Zagaria: si tratta di Silvestro Balivo, 64 anni, Gaetano Balivo, 57 anni, e dei rispettivi nuclei familiari e soggetti terzi intestatari di beni a loro riconducibili.
( Silvestro e Gaetano Balivo )
Il provvedimento è arrivato a seguito delle indagini della Direzione nazionale antimafia guidata dal procuratore Federico Cafiero De Raho.
Nella fattispecie si tratta di 100 beni – tra terreni e immobili ad Aversa, Trentola Ducenta, Sessa Aurunca e Fiuggi (Frosinone) – appartenenti ai due imprenditori casertani che sono risultati essere gli amministratori di ben cinque società che operavano nel settore edile e in quello dei prodotti ortopedici col supporto dei vari clan di camorra della zona.
Ai fratelli Balivo sono stati sequestrati anche 13 veicoli (9 auto, 3 autocarri ed un motociclo) nonché numerosi rapporti finanziari accesi dai soggetti presso 14 istituti bancari.
In precedenza, quando nel 2015 la magistratura mise sotto sequestro il centro commerciale Jambo di Trentola Ducenta, i Balivo furono destinatari di una misura cautelare emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della DDA ai danni di circa 30 persone (tra cui l’allora sindaco di Trentola Ducenta Michele Griffo). Per questo Gaetano Balivo è già stato poi condannato a 14 anni di carcere in primo grado.
Gli inquirenti avevano già dimostrato quanto in particolare Gaetano Balivo fosse in stretto contatto con l’allora boss Michele Zagaria durante i suoi 15 e più anni di latitanza al punto da provvedere ai suoi spostamenti sul territorio, trasmetterne gli ordini e le direttive nonché a reinvestire i proventi delle attività illecite del clan, fungendo anche da prestanome in numerosi rapporti commerciali.
Silvestro Balivo invece si occupava, per conto della stessa organizzazione malavitosa, di avere il controllo del movimento terra (da sempre “core business” del clan Zagaria), delle forniture e della stessa manodopera nonché di una consistente parte dei guadagni illeciti.
A confermare la presenza organica all’interno del clan di camorra dei fratelli Balivo sono state anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia come, ad esempio, quella rilasciata ai magistrati da Francesco Della Corte: “Quando vedo Balivo è come se vedessi Michele Zagaria”.
In una nota, la DDA scrive: “Il supporto di Gaetano Balivo ha consentito di svolgere concretamente una rilevante attività imprenditoriale e di acquisire beni nel settore dell’edilizia e commerciale, anche ricorrendo a terzi fittizi intestatari. Il costante appoggio logistico e il supporto economico connesso alla messa a disposizione del sodalizio – con continuità attraverso il corso di decenni e mantenendo i contatti nonostante i numerosi cambi di guardia al vertice del gruppo – di ingenti somme liquide e ‘pulite’, in cambio della possibilità di beneficiare dell’imposizione di proprio prodotti, sul fronte del pagamento delle tangenti hanno determinato il sorgere di un vero e proprio rapporto qualificabile come sinallagmatico tra Balivo ed il clan da cui entrambe le parti hanno tratto consapevolmente vantaggi. Gaetano Balivo, poi, avrebbe utilizzato tale rapporto anche per alterare l’ordinaria concorrenza degli altri operatori del settore, non favoriti dal clan”.
Insomma, un vero e proprio strettissimo sodalizio economico-criminale in cui i Balivo hanno sempre interpretato il ruolo di protagonisti.