Dodici pozzi utilizzati per uso domestico e irrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, sono stati posti sotto sequestro dai carabinieri in servizio al Nucleo Operativo Ecologico di Caserta e al Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale, con il coordinamento della Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Si trovano tra i comuni di Caserta e San Nicola la Strada: in alcuni è stato accertata la presenza di oltre 9000 milligrammi per litro di arsenico (la soglia massima di tollerabilità è di 10 milligrammi per litro di arsenico), una «quantità abnorme» per il procuratore di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone.
L’acqua è stata utilizzata per anni per irrigare alcune colture, ma anche per i giardini di complessi residenziali; non arriva invece nelle case, che sono allacciate alla normale condotta idrica.
L’area era nota negli anni ’60 e ’70 come la ‘piscina rossa’: sul fondo di una cava ristagnavano liquami contenenti arsenico e altre sostanze chimiche, residui dell’attività di lavorazione del ferro e del vetro, nei pressi dell’industria Saint Gobain di Caserta.
Nella zona, nota come “Lo Uttaro”, sorgono altre cave trasformate in discarica; la ‘piscina rossa’ negli anni è stata interrata insieme a tonnellate di rifiuti e sovrastata da abitazioni civili ed insediamenti produttivi.
In questo contesto di veleni è avvenuta la contaminazione.
«Nell’area compresa tra Caserta e San Nicola la Strada in cui abbiamo sequestrato i pozzi contaminati – ha detto il Procuratore nel corso della conferenza stampa in cui ha illustrato i risultati delle indagini ambientali – si registra un’alta incidenza di tumori, specie alla prostata, anche se non si può stabilire il nesso di causalità tra l’inquinamento provocato dall’attività industriale e queste morti».
Persino il proprietario di una delle aree sequestrate è morto un anno fa proprio per un tumore alla prostata, «patologia che sembra legata proprio alla contaminazione da arsenico – ha spiegato la Troncone – che è la seconda sostanza chimica più cancerogena. L’inquinamento dell’area è frutto dell’attività industriale posta in essere dall’opificio Saint Gobain dal 1958 – quando l’area era a vocazione agricola – al 1988, quando cioé l’azienda fu dismessa. In 30 anni, la cava attigua fu riempita di rifiuti».
Così come chiarito dalla stessa Troncone, la procura di Santa Maria Capua Vetere ha aperto un fascicolo al momento contro ignoti.
I reati contestati sono l’avvelenamento delle acque ed il disastro ambientale, fattispecie che riguarda le condotte accertate dal 2015 in poi, anno in cui fu introdotto tale reato; prima del 2015 si procede per disastro generico.
«Le indagini proseguono – ha spiegato la Troncone – perché potrebbero esserci responsabilità nelle pubbliche amministrazioni che negli anni non hanno fatto nulla, nonostante tutti, dai cittadini agli amministratori, sapessero dell’inquinamento in atto».
Gli accertamenti riguarderanno anche il mutamento di destinazione dell’area, da industriale ad area per civili abitazione e insediamenti produttivi.
«La variazione – ha aggiunto il Procuratore – avrebbe dovuto comportare una bonifica della zona, ma ciò non è mai stato fatto. Nella popolazione abbiamo registrato tanta rassegnazione».
L’area, dopo la dimissione della Saint Gobain nel 1988, fu oggetto di programmi di sviluppo e di riconversione, di un accordo di programma siglato nel 1996 da Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie Srl, che hanno portato a compimento l’iter di riclassificazione dell’area ex Saint Gobain. «Detti programmi – ha concluso la Troncone – sono rimasti inspiegabilmente inattuati».
Ad aggravare infine la già disastrosa situazione accertata, è stato rinvenuta in zona anche una consistente presenza di quello che appariva evidente essere amianto su alcuni terreni oggetto di indagine.
Appena è venuto a conoscenza della notizia, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha rivolto, in una nota, i propri “complimenti vivissimi ai Carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Caserta e del Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale di Caserta e alla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere per l’importante operazione che ha portato al sequestro di dodici pozzi utilizzati per uso domestico e irrigazione su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti come l’arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità. Come è emerso dalle indagini – ha proseguito il ministro – la disastrosa situazione riscontrata nel casertano, sebbene non consenta di attribuire precise responsabilità in capo a singoli soggetti, evidenzia come fosse nota dal 2010 ai livelli locali di governo del territorio. Quel territorio è stato poi trasformato in area urbana. L’operazione, coordinata magistralmente dalla Procura e condotta con sapienza in fase investigativa e operativa dai diversi comparti dell’Arma specializzati in materia ambientale, conferma – ha concluso il Ministro – come l’attenzione per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica sia e debba essere una priorità reale. Si conferma l’importanza di indagini approfondite per scoprire crimini ambientali come questo, purtroppo frequenti nel nostro Paese, che hanno bisogno della collaborazione e dell’azione sinergica di più soggetti, delle forze dell’ordine, ma non solo, per approfondire tutti i profili di responsabilità“.