Nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro, emesso dal Gip del tribunale di Napoli Nord, di beni mobili e immobili registrati nonché rapporti finanziari per oltre 2,5 milioni di euro nei confronti di 5 persone indagate a vario titolo per bancarotta fraudolenta, truffa aggravata, abusivismo finanziario e riciclaggio, commessi ad Aversa.
L’esecuzione del provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine svolta attraverso l’incrocio dei dati risultanti dall’esame della documentazione contabile e amministrativa acquisita, dalle indagini finanziarie, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, dall’assunzione di informazioni da parte delle vittime nonché dall’attività di osservazione, controllo e pedinamento delle persone indagate.
Dalle risultanze investigative è emerso che il principale indagato, il 71enne Luigi Fiordiliso (a sn nella foto), unitamente al cognato Antonio Della Volpe, entrambi aversani, pur non avendo alcun mandato da società o imprese autorizzate, ha operato – dal 2009 al 2014 – quale promotore finanziario.
Gli stessi, approfittando della fiducia di un elevato numero di persone e prospettando loro lauti guadagni mediante l’investimento in in diversi titoli sul petrolio e sul rame, inducevano le vittime a farsi consegnare i loro risparmi, ammontanti complessivamente a oltre 3 milioni di euro.
Sempre secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal Gip, il principale indagato, in violazione delle basilari regole dell’attività finanziaria, ha fatto confluire le somme di denaro ricevute sui conti intestati a lui, alla moglie Clementina Della Volpe ed ai suoi tre figli – Marcello, Eduardo e Francesco Fiordiliso – sui quali aveva comunque delega ad operare nonché su altri conti correnti intestati ai suoi familiari o società a costoro riconducibili, ponendo in essere, in tal modo, operazioni di riciclaggio idonee a occultarne la provenienza illecita.
Il promotore ha quindi utilizzato tali disponibilità finanziarie per fini personali, come l’acquisto di auto di lusso o il rimborso delle rate dei mutui accesi per l’acquisto di immobili.
L’esame approfondito delle movimentazioni dei conti correnti ha inoltre permesso di appurare come il principale indagato sia riuscito a trarre illecitamente i profitti applicando un modello economico di vendita fraudolenta, noto come “schema Ponzi”, in base al quale i rimborsi degli interessi del capitale versato dalle persone truffate sono avvenuti solo grazie al flusso di denaro in entrata assicuratogli dai nuovi investitori.
All’inizio del 2012 tuttavia questo sistema è giunto al collasso in quanto l’indagato non è più riuscito a far fronte alle innumerevoli e pressanti richieste di rimborso del capitale da parte dei clienti, alcuni dei quali hanno provveduto a chiederne il fallimento, successivamente dichiarato dalla sezione fallimentare del Tribunale di Napoli Nord in data 17/12/2015.
Le indagini, svolte anche in relazione di tale contesto, hanno consentito di acclarare che il promotore, in pieno stato di insolvenza, prima e durante la procedura concorsuale, non solo ha sottratto i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la compiuta ricostruzione del suo patrimonio nonché del suo movimento d’affari, ma ha altresì compiuto una serie di operazioni distrattive in pregiudizio dei suoi creditori, integrando così i reati di bancarotta documentale e distrattiva.
Tra i numerosi malcapitati – oltre 50 – vi è anche l’ex senatore di Forza Italia, Pasquale Giuliano che è stato però uno dei pochi ad essere riuscito a farsi riconsegnare i soldi investiti (oltre 120mila euro) e persino un quadro dell’Ottocento napoletano. Tra quelli invece che hanno avuto indietro poco o nulla, c’è anche Teresa Di Bona, figlia di Antonio, vittima innocente di camorra ucciso nel 1992, e sorella di Salvatore, attuale referente casertano dell’associazione “Vittime innocenti della camorra”, anch’egli vittima del Fiordiliso. La donna aveva avuto un rimborso dallo Stato di 80mila euro poi investito con Fiordiliso di cui si fidava in quanto era molto amico del padre. Per tale vicenda, la Di Bona ha presentato poi formale denuncia.
Dall’indagine sono inoltre emersi i contatti tra il Fiordiliso e l’imprenditore dei rifiuti Cipriano Chianese, ritenuto esponente del clan camorristico dei Casalesi e “re delle ecomafie“, recentemente condannato a 18 anni di carcere in appello per il disastro ambientale avvenuto nella discarica Resit di Giugliano in Campania. Secondo il Gip, Fiordiliso ha riciclato i soldi dell’imprenditore, incassando tre assegni da 30mila euro firmati dal genero di Chianese.
Tra le operazioni distrattive si evidenzia, a titolo esemplificativo, quella avente a oggetto la simulata vendita di un immobile di prestigio, adibito ad abitazione di famiglia, sito nel comune di Aversa; nello specifico l’immobile è stato solo fittiziamente trasferito, per il prezzo dichiarato di 900mila euro, dal principale indagato a favore dei suoi due figli i quali hanno formalmente accreditato le somme di denaro sul conto del padre che, a sua volta, le ha però riaccreditate, a titolo di storno, sui loro stessi conti correnti, provvedendo anche a non incassare quelle trasferitegli tramite assegni. Tutto ciò al fine di evitare che il cespite potesse essere oggetto di aggressione da parte dell’Autorità Giudiziaria, una volta venute alla luce le predette condotte delittuose.