Cultura

“Giornata della memoria”: l’olocausto dimenticato delle persone disabili.

Il “Giorno della Memoria” è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto.

È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria. La risoluzione fu preceduta da una sessione speciale tenuta il 24 gennaio 2005 durante la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite celebrò il sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto.

Si è scelto di celebrare il “Giorno della Memoria” ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

In questa triste ricorrenza però spesso ci si dimentica purtroppo che vittime di quel folle sterminio furono anche circa 300.000 persone disabili ritenute in quanto tali indegne di vivere, un peso economico e un pericolo per la società.

Esse furono tra l’altro le prime vittime del programma di eutanasia “Aktion T4” – così chiamato dal nome della strada di Berlino (“Tiergartenstrasse 4“) in cui si trovava l’ente pubblico nazista “per la salute e l’assistenza sociale” – messo in opera fin dal 1939 dalla follia criminale nazifascista.

Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino. Qui lo Stato nazionale deve fornire un enorme lavoro educativo, che un giorno apparirà quale un’opera grandiosa, più grandiosa delle più vittoriose guerre della nostra epoca borghese”: sono le parole con cui Adolf Hitler, nel “Mein Kampf”, enunciava il piano di “eugenetica” che avrebbe portato all’eliminazione di circa 300 mila persone con disabilità.

Ricordare significa – ha dichiarato il Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Campania, l’avvocato Paolo Colombo  evitare che tutto ciò possa ripetersi in futuro.  Fin quando che non si conosce la storia, prima o poi si è condannati a riviverla, ma ricordare significa anche riflettere e promuovere la considerazione della diversità come valore e fonte di ricchezza e non quindi come fattore di esclusione e discriminazione perché ognuno di noi fortunatamente è diverso dall’altro e solo prendendone atto la società sarà più giusta per tutti”.

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