In queste ore di terribile burrasca e di vento distruttivo, mi sono ricordato ed ho ripreso alcuni interventi ed allarmi che abbiamo lanciato negli anni scorsi in merito al disastro delle cave sui Colli Tifatini.
Un giornale così titolò nel 2012: la maledizione delle cave. E devo ribadire che aveva proprio ragione!
Ogni volta che lo sguardo va in quella direzione, ci appare uno spettacolo sempre più spettrale: intere colline vengono divorate e sfregiate dai cosiddetti “cavaioli” che, nonostante i divieti di legge, continuano imperterriti la loro opera predatoria.
Lo sfregio delle cave è diventato enorme. E’ sotto gli occhi di tutti. Ora le colline dei Tifatini non ci proteggono più come una volta. E purtroppo la situazione viene aggravata dai mutamenti climatici. La corta visione politica e scarsa sensibilità ambientale degli amministratori continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari.
Nessuno interviene per fermare il disastro.
Anche se sono state chiuse le attività dei due cementifici (dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana) in vari punti si continua a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo).
E pensare che qualcuno in Campania voleva anche proporre una proroga per le attività della Cementir e di Moccia, che da decenni ci divorano la vita e la salute.
Per queste ragioni dobbiamo chiedere con più forza alle più alte autorità dello Stato e della Regione – anche al Governo – di fermare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva.
Da parte delle associazioni ambientali e dei cittadini, più volte è stato riproposto con forza all’attenzione dell’opinione pubblica uno degli scempi più evidenti: la devastazione delle cave (che stanno divorando anche le chiese di S. Lucia e di S. Michele).
Continua un’ opera di escavazione e distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di disastro ambientale per molti versi irreversibile.
Un incredibile silenzio, accompagnato da disattenzione (o per meglio dire connivenza), caratterizza le istituzioni locali e le forze politiche, che rimangono inerti e “distratte” di fronte a questo immane scempio.
Tra l’altro, come hanno messo bene in evidenza alcune indagini, è proprio dalle attività estrattive e dalla lavorazione del calcestruzzo che prende corpo uno dei filoni più redditizi dell’economia criminale e camorrista, quello del cosiddetto “movimento terra”.
Ricordiamo che alcuni anni fa il VE Raffaele Nogaro denunciò questo scandalo. Purtroppo rimase isolato ed inascoltato (anche dalla stampa locale).
Ora è arrivato il momento di ribellarsi e di indignarsi per lanciare un appello, in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dal Presidente della Provincia fino ai sindaci di Caserta e Maddaloni).
Al riguardo, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con la salvaguardia dei lavoratori addetti e la creazione di nuova occupazione.
In merito l’università (a partire dal Polo Scientifico della SUN) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile per il nostro territorio.
Tra l’altro le cave bloccano anche i lavori per il nuovo Policlinico, una delle tante grandi opere incompiute, che rischia di diventare una chimera per lo sviluppo economico e sociale di Terra di Lavoro.
Come sta avvenendo per alcuni beni comuni per la difesa degli alberi e di giardini cittadini, è necessario riprendere un movimento di lotta, ma non tanto di denuncia, quanto di proposte e progetti in modo unitario con la mobilitazione delle principali associazioni giovanili ed ambientaliste: da Legambiente all’Arci, dal Forum dei Giovani a Italia Nostra, dal WWF al FTS Casertano, dalla LIPU all’Auser, da Agenda 21 ai Siti Reali, in collaborazione con le scuole e l’università, ma anche con le forze sociali e del mondo del lavoro (a partire dai sindacati).
Pasquale Iorio – Le Piazze del Sapere