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Pillole di Amarcord #12: Il duello eterno con Milano fino alla semifinale scudetto

In un periodo di isolamento ed emergenza, le pagine di un libro possono darci conforto. Ancora di più se raccontano la nostra storia cestistica e ci permettono di rievocare, insieme a loro, i momenti salienti della storia recente della JuveCaserta. Lo facciamo con alcuni estratti di ‘A 40 minuti dal paradiso’, il libro scritto nel 2010 da Sante Roperto e Camillo Anzoini.

Quando nel 1984 la neopromossa Caserta veniva eliminata ai quarti dalla Simac Milano, nasceva in quel momento una delle sfide più avvincenti della pallacanestro italiana, un duello che sarebbe durato quasi un decennio, passando per tre finali scudetto, gare di play off e Coppa Italia e una miriade di sfide al cardiopalma. La sfida infinita partì soprattutto dalla stagione ‘85-86, quando la giovane JuveCaserta di Tanjevic arrivò a sorpresa in finale Scudetto e perse 2-1 per mano dei milanesi. Il duello fu ripetuto l’anno dopo: ancora il tricolore in palio e vittoria in finale per 3-0 della Tracer Milano. Fino ad arrivare alla sfida che nel 1991 assegnò a Milano l’unico scudetto della storia della JuveCaserta. Dopo tanti anni di una rivalità che sembrava essere scomparsa, le due eterne avversarie si sarebbero incontrate in una delle più avvincenti e combattute semifinali play off. Quella della stagione 2009-2010.

Con Eugenio Simioli mi avevano unito dodici anni di radiocronache, per oltre un decennio avevamo raccontato dal PalaMaggiò le avventure e i successi della JuveCaserta, fin dai tempi della B2. Radio PRIMARETE era diventata, ancora di più in quegli anni senza internet, il punto di riferimento di tutti quei tifosi che non sapevano come conoscere il risultato della propria squadra, soprattutto quando si giocava in trasferta sui campi e nei posti più disparati dello stivale cestistico. Io e Eugenio arrivammo insieme al PalaMaggiò presto, perché quel caldissimo pomeriggio di inizio giugno era il giorno del saluto alla Pepsi, del tributo della città ai propri beniamini, giusto 24 ore dopo l’eliminazione in gara-5 contro l’Armani Jeans Milano. La sfida infinita contro le scarpette rosse aveva vissuto il suo culmine in quella serie play off a un passo dalla finale. Serviva una vittoria dopo che Di Bella e compagni si erano trovati sul 2-1 nella serie, grazie alla tripla da distanza siderale in gara-3 allo scadere di Jumaine Jones (1-1 le due sfide al PalaMaggiò). Ed invece lo stop a Milano in gara-4 aveva portato tutto all’ultima decisiva sfida dove, in un PalaMaggiò gremitissimo e in un’atmosfera d’altri tempi, la storia della JuveCaserta si sarebbe fermata ancora una volta a quaranta minuti dal paradiso. In finale ci sarebbe andata la squadra di Piero Bucchi: la Pepsi vedeva tramontare l’illusione della quarta finale della sua storia e chiudeva una stagione d’oro. Con Eugenio sostammo a lungo nel parcheggio dell’ingresso atleti, in attesa dei giocatori e dei tifosi e, nella prima analisi a freddo, il pensiero andava con rammarico alla finale mancata e a una stagione forse irripetibile. La sera precedente gara-5 si era conclusa con la standing ovation del pubblico casertano che, nonostante la sconfitta, voleva tributare a Di Bella e soci il giusto riconoscimento per una stagione storica che, alla sirena finale, aveva conosciuto l’epilogo più amaro, ma che non aveva scalfito la passione di una città sempre più orgogliosa della sua squadra, tornata ad essere nella stagione 2009-2010 una delle grandi della pallacanestro italiana. Lo aveva fatto grazie a un cammino stagionale costellato di successi, di colpi di scena, di vittorie a fil di sirena e complessivamente di un campionato nel quale aveva conquistato la Final Eight di Coppa Italia e aveva finito la regular season dietro solo alla schiacciasassi Siena. Diciotto vittorie su ventotto incontri, il record di otto vittorie esterne, tornando a vincere dopo una vita sui parquet di Pesaro, Bologna e Milano, e con tanti exploit a fil di sirena, come a Cremona, Varese e Treviso. Nemmeno il più ottimista dei tifosi o il più entusiasta degli scommettitori avrebbe pensato a un percorso così netto. E anche i play off avevano confermato quanto di buono era stato fatto nei precedenti sette mesi: eliminata Roma con un secco 3-0, in semifinale la corsa si era fermata a una sola partita dalla finalissima scudetto.

La JuveCaserta del dopo Frates e Betti, quella successiva alla prima sofferta stagione in A, aveva riscosso poca fiducia in estate, tra i tifosi e gli addetti ai lavori. Sacripanti in panchina e Coldebella nella stanza dei bottoni erano stati chiamati a una vera rifondazione. Il tecnico nativo di Cantù, cresciuto sulla panchina lombarda dove aveva vinto nel 2003 perfino una Supercoppa, portò all’ombra della Reggia Jumaine Jones, ala-pivot che per otto stagioni aveva conosciuto la NBA dei Lakers, di Cleveland, di Philadelphia e di Boston. Jones sarebbe diventato l’icona della stagione bianconera, uno degli mvp del campionato, l’uomo delle ‘doppie doppie’ e dei canestri impossibili (ben undici volte in doppia cifra nei rimbalzi). L’ex Hapoel Timmy Bowers era stato scelto perché complementare alle caratteristiche di Fabio Di Bella e, nonostante l’infortunio al ginocchio di gennaio, disputò una buona stagione, soprattutto in avvio. Ebi Ere fu invece la vera scommessa vinta dal duo Sacripanti-Coldebella, un girovago dei canestri che tra Australia e Belgio non era mai veramente esploso come invece fece a Caserta (oltre 14 punti di media). Sotto canestro invece Michelori avrebbe bissato l’ottima precedente annata con una delle migliori stagioni della sua carriera, al punto di accettare a fine anno la corte della Montepaschi. Su questa ossatura si inserivano, per i pochi minuti concessi loro, il play polacco Koszarek e le ali canadesi di nascita Doornekamp e Martin. La semifinale portava comunque in dote una qualificazione all’Eurolega, ma solo attraverso tre turni preliminari. Il ritorno tra le grandi d’Italia è coinciso con il ritorno in cima all’Europa, anche se i preliminari difficilmente garantiranno l’accesso ai più suggestivi gironi dell’Eurolega. Ma se si pensa da dove si era partiti, è bene sapersi accontentare.

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