La Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, indagando, è arrivata, senza alcun dubbio, alla scoperta di “un’amara” verità!
La camorra stavolta non c’entrebbe nulla: il giornalista Mario De Michele, direttore del giornale online denominato “Campania Notizie”, avrebbe simulato di aver subito due attentati.
Secondo la DDA, De Michele si è di fatto “sparato da solo” il 14 novembre (http: //www.radioprimarete.it/2019/11/agguato-camorristico-a-colpi-darma-da-fuoco-ai-danni-del-giornalista-mario-de-michele/), quando denunciò di essere stato inseguito da alcuni uomini armati che gli avevano sparato contro oltre 10 colpi di arma da fuoco mentre era in auto nelle campagne di Gricignano di Aversa, ed il 4 maggio 2020 (https://www.radioprimarete.it/2020/05/ancora-una-grave-intimidazione-al-giornalista-mario-de-michele-esplosi-tre-colpi-di-pistola-contro-la-sua-abitazione/), quando incriminò la malavita organizzata di aver attentato alla vita sua e dei suoi familiari sparando durante la notte quattro colpi di pistola contro la sua casa
De Michele ha ricevuto ora un avviso di garanzia e subito una perquisizione presso la sua abitazione a Cesa.
I reati contestati dai magistrati dalla Dda di Napoli son quelli di simulazione di reato e detenzione di armi da fuoco in concorso con l’avvocato Pasquale Ragozzino di Orta di Atella che avrebbe fornito una delle armi usate dal De Michele per “precostituire” in modo credibile i falsi attentati.
Sono stati i carabinieri di Aversa, al comando del Colonnello Donato D’Amato, ha scoprire il tutto al termine delle indagini dirette dal sostituto procuratore Fabrizio Vanorio del pool anticamorra e seguite in prima persona dal Procuratore Gianni Melillo e dal suo aggiunto Luigi Frunzio.
Dopo nemmeno 24h dalla notifica dell’avviso di garanzia a De Michele, si riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica stabilendo di proporre all’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (U.C.I.S.) di togliere ad horas la scorta assegnata al De Michele subito dopo la sua denuncia del primo attentato.
Ma perché il De Michele ha architettato tutto ciò?
Dopo la denuncia del primo “falso attentato”, De Michele è assurto a fama nazionale quale ennesimo operatore dell’informazione minacciato dalla malavita organizzata a seguito della sua attività professionale di denuncia ed è stato ospitato in vari mass-media nazionali per raccontare la sua storia di “giornalista anticamorra che vive sotto scorta”.
Domenica scorsa, dopo aver ricevuto la notifica dell’avviso di garanzia e subito la perquisizione domiciliare, il De Michele ha pubblicato sul suo web un articolo intitolato “Faccio un passo a lato per un crollo fisico e mentale” in cui, dopo aver riportato di aver in questi anni trascurato la famiglia ed i suoi affetti per dedicarsi esclusivamente alla cura del suo sito, ha poi testualmente scritto “Non ho timore ad ammetterlo, ho perso il senso della realtà. L’ho compreso oggi per ragioni che non starò qui a raccontare. Verrà il tempo per parlarne o forse no”.
Poi, dopo aver rivendicato con fierezza quanto fatto finora a livello professionale, De Michele ha aggiunto: “Trasformarsi con compiacimento da persona in personaggio è il sintomo di un disagio. Di stanchezza fisica e mentale. Ci voleva la doccia fredda della consapevolezza. Altrimenti la mia Liberazione da un “ruolo” assillante non sarebbe mai arrivata. Fine di un incubo. Sono tornato con i piedi per terra. Ho ripreso contatto con la realtà”.
Infine ha concluso: “Per me è l’ora di cambiare. Lo devo a mio figlio, a mia moglie, a mio padre e a mia madre. E a me stesso. Non getto la spugna. Spengo solo l’interruttore per evitare il corto circuito. Vi ho spiegato in gran parte perché. So già che in tanti non mi crederanno. Fa nulla. Vi saluto col biglietto d’addio di uno scrittore italiano sottovalutato: “Non fate troppi pettegolezzi”.”
Fin qui De Michele. Rimane però forte il retrogusto di una “storiaccia” che sta di fatto gettando profondo imbarazzo e conseguenziale discredito sul giornalismo casertano che annovera tra le sue fila svariati colleghi che, per svolgere in modo costante, puntuale ed ineccepibile la propria attività professionale di denuncia del malaffare in questa nostra terra purtroppo impregnata di camorra, davvero sono oggetto di intimidazioni e minacce sempre più allarmanti, per se stessi e per i propri cari.