In queste settimane, come avrete notato (tanto dal sollecitarci, anche in privato, ad intervenire nel “dibattito” in corso), abbiamo seguito le vicende della nostra beneamata JC con il sano realismo che la situazione richiedeva.
Abbiamo volontariamente interrotto la trasmissione “Cestisticamente Parlando” di Radio PRIMARETE dopo alcuni “malintesi”, ma vi abbiamo comunque informato sulla nostra pagina FB pubblicando notizie e comunicati emessi dalla società su Facebook, circostanza questa del tutto inedita e “singolare” se consideriamo che a guidare la comunicazione bianconera è (o era?) un professionista come Silver Mele.
Non siamo entrati nemmeno nel fiume di ovvie e giustificate reazioni post esclusione, limitandoci a fare cronaca (con l’intera cronistoria che potete rileggere qui).
Ora però qualche considerazione, a mente fredda, riteniamo di doverla ai nostri ascoltatori/amici/followers.
Infatti le ultime vicende (post/scoop con il j’accuse di Nicola D’Andrea e l’immediata replica di Antonello Nevola con preavviso di azioni legali), se non fossero tragiche (per chi, come tutti noi, è malato di JC) sarebbero, certamente, quantomeno grottesche.
Ad oggi non si è capito bene chi è il vero giullare (ma una mezza idea l’abbiamo…), né il terminator dei sogni dell’intera comunità bianconera.
Ben vengano dunque eventuali azioni legali che possano chiarire nella sede a questo punto, forse, più opportuna cosa sottende al secondo fallimento in tre anni della nostra JC.
Ovviamente non ci riferiamo alla class action paventata da taluni tifosi, ma all’attenzione che la Procura sammaritana pone d’iniziativa anche su aspetti di contorno all’attività della JC (rammentiamo l’accesso di polizia giudiziaria in FIP per l’affaire-Sosa).
Ma a noi non interessano tanto gli eventuali, presumibili risvolti giudiziari di questa dolorosissima vicenda che, come dicono a Oslo, “c’ha mise o’ scuorno n’faccia” agli occhi dell’intero movimento cestistico nazionale, ma le norme di buon senso: se vi propongono a 1.000 euro un auto del valore di 25.000 euro, non la fareste periziare da un meccanico di fiducia?
Ed ancora, se vi proponessero (melius: propinassero?) una società, non chiedereste ad un professionista di fiducia un’accurata due diligence (soprattutto perché la sentenza FIBA sui tre BAT era notoria da mesi)?
Mah!
Ora, invece, improvvisamente si scoprono debiti, buchi, fatture non pagate (le cose però pare non stiano proprio così quanto all’energia elettrica…).
È ovvio, da tempo, che tutto “girava” intorno al PalaMaggiò e dunque il vituperato “outing” di D’Andrea non ci ha sorpreso, però, anche su questo aspetto…siamo sicuri che tutto fila?
Ovviamente chiunque è libero di andare dal curatore fallimentare, mettere sul piatto l’importo milionario dell’ultimo ribasso ed acquisire il monumento al Cavaliere, anche se per accedere al credito sportivo di Andrea Abodi serve, appunto, una società sportiva come la JC.
Intanto però l’immobile dovrebbe tornare nella disponibilità di Raffaele Iavazzi che, in questo clima di… letizia, potrebbe chiedere soldi per l’indebito utilizzo negli ultimi mesi…
A nostro parere, come sempre, non può esserci un solo responsabile di questa situazione.
Hanno sbagliato Iavazzi-Nevola (questo è quello che ha sentenziato la FIBA) quando, alla lettera del dicembre 2019, non hanno fatto seguire la preannunciata consegna della squadra al Sindaco; poi c’è stato il COVID e i debiti sono schizzati (però avanzano soldi pure Stanic e Swann).
Dal canto suo D’Andrea il 6 giugno scorso (e ci sono le registrazioni…), davanti al presidente regionale FIP, ha pubblicamente dichiarato di “aver messo in sicurezza la A2, anzi…” e, ad una nostra precisa domanda (consentiteci: unica pungente della mattinata) sulla consistenza della compagine societaria e sugli sponsor disponibili ad affiancare il progetto (sic!) ci ha dribblato da provetto calcettista, nonostante il pressing del ns. Rosario Pascarella!
Quello che ha fatto (e fa) ulteriormente imbestialire (a ragione) la tifoseria sono stati i proclami con tono di sfida o i comunicati come quelli in cui si è sbandierato di aver “pagato” i BAT (ovvero: aver versato denaro come corrispettivo del valore di un’obbligazione), salvo poi attaccare la stampa che pochi giorni dopo ha raccolto lo sfogo di Michelori che ha dichiarato di non aver percepito un euro.
O, ancora, la querelle sull’ultima rata FIP che era costata il -3…
Vorremmo glissare sul budget che poteva essere “superiore a quello dell’Armani”, sulla banca internazionale, sul “fondo israeliano” e sul crowdfunding, ma non possiamo fare a meno di chiedere: perché spararle così grosse? Sarebbe bastato dire: “bambole, non c’è una (am)lira”!
L’ultima di D’Andrea è che vuole fare la Serie “C Gold” (dopo aver minacciato “ricorso al TAR” – sic! – se non gli avessero concesso la Serie B…), ma forse dimentica che prima dovrebbe saldare il debito che ci ha fatto escludere dalla Serie A2.
In sostanza, in questa tristissima vicenda – che, come dicevamo, potrebbe avere degli strascichi di altra e più seria natura – si sono scontrate visioni del basket antropologicamente diverse.
Onestamente non siamo d’accordo sulla proposta di voler cambiare nome e colori alla nostra fede cestistica (anche se non sono i nostri nel calcio…).
Basterebbe solo che il tessuto imprenditoriale e politico, per una volta almeno, si rendesse conto che opera in questa comunità: ci servono imprenditori (e non prenditori) ed amministratori di qualsiasi rango che, come da altre parti (Pesaro?), si impegnano per lo sport del territorio.
In tutto questo gioca un ruolo fondamentale la tifoseria che deve ritrovarsi unita e non continuare in una tenzone tra Guelfi e Ghibellini che ci porterà, inevitabilmente, a non rivedere il basket di livello a Caserta: siamo sicuri di voler soffrire ancora?
( Redazione di “Cestisticamente Parlando” )