L’Ordine Provinciale dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Caserta, in collaborazione con la sezione di Caserta dell’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), ha celebrato la Prima Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione contro la Violenza sui Sanitari.
La presidente dell’Ordine Maria Erminia Bottiglieri ed il presidente della Commissione Albo Odontoiatri Pietropaolo Scalzone hanno aperto la giornata con i saluti.
È seguito l’intervento del dottore Vincenzo Claudio Battarra che, in qualità di assessore al diritto alla salute ed alla pubblica istruzione del Comune di Caserta, ha raccolto la proposta di collaborazione della presidente Bottiglieri per iniziare a lavorare in sinergia sull’aspetto della prevenzione contro la violenza, cominciando dalla scuole della città.
Le due moderatrici, le dottoresse Carolina Bologna e Laura Leoncini, hanno introdotto i vari relatori e relatrici, ma hanno sottolineato l’importanza del fenomeno e come, in poco tempo, i sanitari da eroi, all’inizio della pandemia, siano diventati vittime di aggressioni con una escalation progressiva.
«Le testimonianze sono state toccanti», sono le parole di Erminia Bottiglieri. «Le storie veramente da brividi, raccontate da chi le ha vissute in prima persona, fanno venire rabbia e tristezza. Si è acceso un ampio dibattito e ciò fa capire quanto sia sentito il fenomeno tra i medici. Il fenomeno, nazionale e territoriale, esiste. La dimensione la dà l’Inail con i dati di ottobre 2020, segnalando circa 2000 aggressioni l’anno. Ma i numeri sono sottostimati perché l’80% non viene denunciato, soprattutto quando si verificano aggressioni verbali che sono quasi quotidiane. I sanitari non si sentono più sicuri e questo potrebbe influire sul lavoro. Hanno paura, sono demotivati e non si sentono tutelati da chi dovrebbe provvedere a proteggerli. Dalle indagini pubblicate si è evidenziato che la maggior parte di loro non sanno che esistono delle procedure aziendali per denunciare gli atti di violenza, non hanno mai partecipato a corsi di formazione e così via.
Le normative per la sicurezza sui luoghi di lavoro esistono (l’ultima è la legge 113/2020, in cui sono state definite le sanzioni fino a 5mila euro per chi commette una violenza contro un operatore sanitario), ma non è stato riconosciuto, benché richiesto dalla FNOMCeO per tutte le situazioni lavorative, lo status di pubblico ufficiale.
Quali potrebbero essere le soluzioni? Si deve agire a vari livelli perché il problema interessa i medici ospedalieri, di famiglia, dell’emergenza, del 118, della continuità assistenziale. È auspicabile una maggiore partecipazione alle commissioni/gruppi di lavoro della ASL e dell’AORN sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, inserendo anche componenti ordinistiche. Devono essere intrapresi corsi di formazione dedicati al personale sanitario, sia per informarli sulle modalità con cui denunciare un eventuale violenza subita, sia su come scongiurare o affrontare un’aggressione, per evitare che da iniziale alterco sfoci in un atto di violenza fisica. La prevenzione deve iniziare dalla scuole, ma, aspetto fondamentale, deve essere ripreso e rivalutato il rapporto medico-paziente, quell’alleanza terapeutica, quell’empatia che in passato ha caratterizzato la nostra professione e che negli anni si è alterata sfociando in incomprensioni e aggressioni. I pazienti devono capire che i medici sono dalla loro parte, che sono al loro fianco, ma che spesso lavorano in condizioni estremamente difficili e con personale ridotto per cui si possono verificare ritardi indipendenti dalla loro volontà.
Riprendere il rapporto con i nostri pazienti, lavorare in collaborazione e sinergia tra istituzioni, fare prevenzione iniziando dalle scuole sono i punti sui quali ci dobbiamo impegnare tutti. BASTA VIOLENZA!».