Il 30 dicembre è avvenuta la conversione in legge del decreto “Anti-Rave” che già da novembre aveva dato vita a diffuse reazioni di scontento che hanno prodotto una serie di eventi autorizzati mirati a protestare contro le eccessive sanzioni proposte.
La prima manifestazione si è tenuta a Treviso; ad essa sono susseguite in data 17 dicembre le simultanee Street Parade a Napoli, Torino, Firenze, Bologna e Palermo mentre a Roma e’ stata organizzata, nei pressi delle Terme di Caracalla, una TAZ (Temporary Autonomous Zone).
In tutta la penisola si è attuata la reazione di un movimento culturale underground ad ampia diffusione che sta subendo un forte attacco da parte della legislatura italiana.
I free party sono eventi basati su autogestione ed autofinanziamento, senza scopo di lucro, mirati alla libertà artistica e di aggregazione fondati sull’espressione musicale, esterne alle dinamiche consumistiche di mercato.
Il decreto divenuto legge riforma l’art. 633 del Codice Penale e mira a condannare aspramente chi organizza o promuove raduni musicali attraverso l’invasione di terreni e di strutture pubbliche o private in disuso.
In particolare, a seguito di questo decreto, chiunque organizzi questa tipologia di eventi d’intrattenimento viene punito con una multa pecuniaria che va dai 1000 ai 10000 euro e con la reclusione prevista fra i tre ed i sei anni. Le condanne variano in base al livello di inosservanza delle normative legate a consumo di sostanze e di quanto previsto legislativamente a livello igienico-sanitario e di sicurezza. Alla condanna viene abbinata la confisca della strumentazione musicale ed addirittura dei mezzi di trasporto utilizzati per lo spostamento di quest’ultima.
Va sottolineato che i rave party nascono e si diffondono quale movimento culturale musicale e aggregativo fondati su ideali pacifici e privi di prevaricazione e noncuranza dei suoli provvisoriamente utilizzati ai fini aggregativi.
Il 30 dicembre è stato messo in atto a livello penale un meccanismo che impone non solo la sin troppo dura condanna ai fruitori dei suddetti eventi underground kma che limita qualsiasi forma di aggregazione non autorizzata, qualsiasi raduno improvvisato e che vede coinvolti un numero di partecipanti maggiore a 50, a discrezione delle Forze dell’Ordine.
Vero è che il Rave Party identifica una forma d’intrattenimento collettivo improntata su un’occupazione provvisoria che esula dai meccanismi di autorizzazione previsti e quindi di natura indipendente.
Va però sottolineato che il fatto che si dia vita ad eventi di aggregazione incentrati sulla musica è dovuto proprio all’ideologia di base che combatte le dinamiche consumistiche e che vuole svincolarsi, per propria natura, dalle dinamiche di finanziamento e guadagno imposte dallo Stato attraverso le proprie normative onde assicurarsi introiti su ogni evento autorizzato.
All’ingresso infatti non sono previsti ticket di entrata per garantirsi la partecipazione. Non vi sono esose tassazioni da affrontare per la semplice fruizione di musica. Le sonorità diffuse solitamente durante questi eventi sono improntate su ritmi ripetitivi ed atavici che mirano al risveglio del proprio io interiore, divenendo vero e proprio rito connettivo.
Infine va sottolineato che l’ideologia sulla quale si fonda questo trentennale movimento è completamente fondata su ideali pacifisti, di uguaglianza, di connessione fra le persone, di sorrisi e di solidarietà, oltre che di protesta ed attuazione di dinamiche non legate al business e quindi alla visione di eventi quali scopo di lucro e non di aggregazione.
Inoltre va detto che vengono adottate sempre azioni preventive e di riduzione del danno al fine di garantire la pulizia delle location scelte per lo svolgimento dei Rave Party, fatta eccezione di quelli sottoposti a sgombero dove non viene dato il tempo di poter ripulire il luogo dell’evento.
La riformulazione dell’art. 633 nel codice penale prevede sanzioni non equilibrate rispetto alle irregolarità legali attuate da organizzatori e partecipanti. Viene con questo decreto limitata la libertà artistica e di aggregazione di un movimento completamente pacifico che lotta unicamente contro le dinamiche di lucro consumistiche.
Si può fermare un “ruggito” così potente dettato dal battito della musica e che connette felicemente tanti individui attraverso condanne così severe? Sono davvero queste le reali problematiche del nostro paese? E’ davvero così importante e necessario zittire una massa mossa dal pacifismo?
Di certo il movimento culturale giovanile non arresterà il suo urlo di diniego.