”Mi rivolsi a Nicola Cosentino attraverso Nicola Alfiero (esponente di spicco del clan camorristico dei Casalesi, ndr) per un intervento presso il Comune di Castel Volturno affinché non prorogasse l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti ai fratelli Orsi che non versavano al clan la tangente che ritenevamo idonea. Cosa che poi avvenne. Lo feci perché lo stesso Alfiero, ma anche altri esponenti di vertice del clan Bidognetti, come Bernardo Cirillo e Giosué Fioretto, mi dissero che Cosentino era un uomo nostro, ‘una cosa’ con Cicciotto (il boss Francesco Bidognetti, ndr)”.
A parlare è l’ex reggente del clan Bidognetti, Luigi Guida, detto ”O’ drink”, nell’aula del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dove è in corso il processo ”Eco4” per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’ex deputato del Pdl detenuto dal 15 marzo scorso nel carcere di Secondigliano.
Rispondendo alle domande del pm della DDA Alessandro Milita, Guida, originario del rione Sanità di Napoli, afferma ”di non conoscere personalmente Nicola Cosentino”, ma di aver sempre saputo per aver raccolto le confidenze dei vertici della cosca che ”Cosentino ha negli anni fornito copertura politica al clan che a sua volta lo ha sempre appoggiato alle elezioni, anche dopo l’arresto di Cicciotto (1993), quando furono il figlio Aniello Bidognetti e Giuseppe Setola a sostenerlo. Non ricordo però le date e il tipo di elezioni”. ”Per questo – prosegue Guida – quando ci furono problemi a Castel Volturno, che all’inizio degli anni 2000 era amministrata dal centro-destra con il sindaco di Forza Italia Antonio Scalzone, ordinai ad Alfiero (già condannato ad otto anni con rito abbreviato nell’ambito del medesimo processo, ndr) anche su suo suggerimento, di andare dall’onorevole Cosentino, allora coordinatore del partito. Il politico aveva inoltre stretti rapporti con i fratelli Michele e Sergio Orsi, vicini a Forza Italia. Anche l’altro politico di Casal di Principe Gennaro Coronella (ex senatore del Pdl) era a nostra disposizione”.
Era talmente forte il potere di condizionamento della camorra casalese sulle amministrazioni del Casertano da poter far riaprire solo per qualche mese una discarica pubblica chiusa perché satura.
Emerge dalle dichiarazioni dell’ex reggente del clan Bidognetti oggi pentito, Luigi Guida, al processo a carico dell’ex deputato Nicola Cosentino sulle infiltrazioni dei Casalesi nel ciclo integrato dei rifiuti nel Casertano. ”Quando tra il 2002 e il 2003 – ha riferito Guida – la discarica Bortolotto (gestita dal Consorzio intercomunale Caserta4, ndr) posta tra Castel Volturno e Cancello e Arnone era chiusa, i fratelli Sergio e Michele Orsi (quest’ultimo ucciso da Giuseppe Setola il primo giugno del 2008, ndr), che in quel periodo erano stati estromessi dalla raccolta proprio a Castel Volturno, mi chiesero di intervenire sul sindaco Antonio Scalzone perché riaprisse il sito. Il mio tramite con Scalzone era il fratello Alfonso, che ho incontrato spesso in un ristorante-hotel di Castel Volturno”. ”A Scalzone – ha poi aggiunto il pentito – imposi la nomina come assessore all’ambiente di Domenico Giancotti, che era un mio uomo. Così il Comune deliberò la riapertura della Bortolotto. La tangente che mi venne versata mensilmente dagli Orsi, nei mesi in cui la discarica rimase aperta, era di circa 10-12 mila euro, calcolata in base ai chili di rifiuti smaltiti”.
Anche a Sessa Aurunca la gara per l’affidamento della raccolta dei rifiuti fu pilotata da Guida e dal clan degli Esposito attivo sul territorio aurunco. ”Facemmo vincere la gara d’appalto a una ditta vicina a Nicola Ferraro (imprenditore attivo nel ciclo integrato condannato nove anni e quattro mesi di carcere per concorso esterno, ndr)” ha poi concluso Guida.
L’esame del collaboratore di giustizia si concluderà il prossimo 3 giugno, quando si terrà anche il controesame degli avvocati di Cosentino Agostino De Caro e Stefano Montone.
Intanto il presidente del collegio giudicante Giampaolo Guglielmo, dopo il recente via libera della Corte Costituzionale, ha disposto l’acquisizione delle 46 intercettazioni telefoniche in cui compare la voce dello stesso ex deputato e la cui utilizzazione era stata negata dalla Camera dei Deputati.