Anche Lou se ne è andato. No, non voglio fare il suo necrologio. Né voglio ripercorrere la sua carriera, partita in quei piccoli, fumosi, squallidi, e anche per questo fantastici, locali del Greenwich Village a N.Y.. No, tanti di voi la storia di Lou Reed la conoscono come e meglio di me.
Voglio invece parlare delle emozioni trasmesse dalla sua musica, dai suoi testi pregni di una disperazione consapevole. Cioè quello che provi quando la disperazione che pervade la tua anima diventa tua amica e la sua presenza è una costante che non ti lascia mai, e tu ne sei ben contento perchè sai che in questo modo vivrai molto più a fondo tutte le emozioni. Tutte, quelle belle e quelle che sai ti fanno male. Lou ha vissuto così, tutto di un fiato, di corsa, insomma una vita al massimo in autostrada emotiva.
E su tutto, la sua voce ! Roca, lenta, profonda capace di penetrare un cervello protetto da un casco di piombo . Mi fa strano, perdonate l’italiano non del tutto corretto , cliccare il suo nome su Wikipedia e leggere “Reed è famoso per la sua voce apatica e inespressiva…”. So che volevano intendere altro, ma a me fa strano lo stesso (riperdonatemi), perchè forse era questa sua voce “apatica” e “inespressiva” a dare sensazioni fortissime, ad accarezzarti lo stomaco con cazzotti che neanche l’Incredibile Hulk ti fa soffrire di più.
Questa è la sofferenza consapevole, perchè sai benisimo a cosa vai incontro quando fai girare un suo vinile sul piatto. Sai già cosa ti aspetta, quando le parole che rimbalzano nel cervello sono “mi hai fatto dimenticare me stesso, pensavo di essere qualcun altro, qualcuno di valido”(Perfect Day), oppure “sai che I bambini sono gli unici ad arrossire, che la vita è solo morire, che tutti quelli che non hanno mai avuto un cuore non cambieranno” (Sweet Jane).
Apoteosi da Maalox quando i solchi graffiati dalla puntina cantano “Domenica mattina fa entrare l’alba, è solo un’inquietudine al mio fianco. Albeggia presto domenica mattina sono solo gli anni sprecati che incalzano…” (Sunday Morning). Pensare che quest’ultima voleva cantarla lei, la bellissima Nico, anche Andy voleva così. Ma Lou non volle sentire ragioni. Era il suo proclama, la sentiva troppo sua. Si inventò un falsetto stupendo, tanto che ancora oggi molti pensano che a cantare sia lei, Nico.
Ecco, quando sono depresso, quando sto male, sono queste, per assurdo. le cose che mi fanno stare meglio. Sono consapevole che sono parole e note disperate ma so anche che alla fine questo malessere l’ho condiviso con qualcuno. Con chi lo ha provato prima di me, lo ha tradotto in parole, in note, in emozioni. E questa condivisione te lo fa diventare un amico questo qualcuno.
E’ questo che Lou faceva, traduceva un certo tipo di emozioni in poesie che trasmettevano a loro volta altre emozioni. Adesso Lou se ne è andato a passeggiare nella zona selvaggia e io domani per strada fischietterò un canzoncina. Quale ? Tu tu-du, too-too du du, du du…
(Marco Barbato)