Una persona fuori dal comune, un ragazzo sempre col sorriso sul volto ma anche un perfezionista del lavoro, uno di quelli che vuole che tutto sia perfetto, per sé e per i suoi compagni. Un professionista dal talento cristallino e che non ha bisogno delle luci della ribalta. Nicola Mei è la guardia della Paperdì Caserta che mette i fatti, le sue triple innanzitutto, davanti alle parole – che comunque sono tante – e alle chiacchiere senza costrutto. La sua presenza, all’interno di questo roster, è foriera di esperienza e di tranquillità ed il suo legame con Caserta e con la tifoseria, nato lo scorso anno, lo rende un beniamino e un punto di riferimento.
Per uno che ha giocato in massima serie, ad alti livelli, per un atleta che è sempre stato abituato a prendersi le responsabilità quado chiamato in causa, sarebbe facile mettersi metaforicamente alla “guida del Bus” che sta portando i bianconeri verso la prima trasferta stagionale a Desio, e invece no. E out of track dell’intervista, quando gli chiedo cosa ami leggere la sua risposta non è banale: “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?” di Johan Harstad. Su colui che è stato il secondo uomo sulla luna, ma di cui non si parla, che parlando di basket è la metafora perfetta di uno come il #17 che ama il duro lavoro sporco, per il quale non serve necessariamente la celebrazione, ma che è quello che spesso, più di quanto si immagini, fa la differenza. Altro capitolo delle perle del “Venerabile Maestro”.
Allora, per te che sei un veterano di mille battaglie, quali sono le tue sensazioni su questa stagione, che è iniziata con un motore che ha già macinato parecchi chilometri? È stata lunga e faticosa, dominata dal caldo e fatta di tanti spostamenti. Avevamo il compito di mettere tanta benzina nelle gambe e di trovare il giusto modo per esprimerci sul campo, e penso che su questo punto possiamo dire di aver centrato l’obiettivo. Siamo stati fin dai primi giorni senza Paolo Paci, che è sicuramente un giocatore importante per noi e che quando tornerà sarà un vero valore aggiunto per la squadra, ma questo non ci ha rallentato. Siamo pronti a scendere in campo e non vediamo l’ora. L’anno passato ti abbiamo visto imbucare il canestro in tantissimi modi, con molti circus shot originali impossibili da replicare a casa: come fa un atleta come a te a creare ed allenare queste specifiche skills di tiro? Beh, come ho detto l’anno scorso ci sono anche le volte in cui è un ‘lancia e prega’ e sicuramente in molte altre circostanze la fortuna fa la sua parte. Scherzi a parte, bisogna allenarsi anche in situazioni del genere, farsi trovare pronti e saperne uscire, poi è ovvio, si conservano quelle che vanno dentro mentre dimentichiamo quelle che non trovano il canestro. Ed ora la prima in campionato, a Desio… Siamo questi, abbiamo qualche acciacco e saremo senza Paolo, faremo il possibile consapevoli dei nostri mezzi e con la voglia di tornare a casa senza aver lasciato sul campo nulla di intentato. Alessandro (Sperduto ndr) da Agrigento, ci chiedi di domandarti cripticamente: Stare lontani e… Stare lontani e volerti sempre qui, è una canzone di Amalfitano che ci ha accompagnato e che racconta bene ciò che è un legame che va oltre il campo, oltre le stagioni.
Poteva essere finita qui, ma la curiosità che Mei ha messo sulla sua scelta letteraria mi porta a cercare il testo e a spulciarlo e, da qualche parte, in quelle righe, ecco la perfetta descrizione che meglio di altre rappresenta il #17: “Non tutti vogliono essere i più grandi campioni del paese o far parte di svariati consigli d’amministrazione, non tutti vogliono essere i migliori avvocati, non tutti vogliono aprire gli occhi ogni mattina sul trionfo o la rovina dei titoli di giornale. […] Qualcuno vuole vedere il film non esserlo, qualcuno vuole fare il pubblico. Qualcuno vuol essere una ruota dell’ingranaggio. E non perché è costretto, ma perché lo vuole. Una paura questione matematica. Così me ne stavo seduto qui, in giardino, e non avrei voluto essere in nessun altro posto al mondo”.