La Dia ha arrestato Cipriano Chianese, 62 anni, imprenditore legato al clan camorristico dei Casalesi per conto dei quali ha inventato e gestito il traffico illecito dei rifiuti confluiti anche nella Terra dei Fuochi. È accusato di aver estorto quote e gestione di una società di trasporti.
Chianese, già ai domiciliari, è stato portato in carcere. E’ ritenuto dagli inquirenti l’inventore delle ecomafie.
La società al centro di questa inchiesta è la Mary Trans, attiva nel trasporto di persone e di rifiuti solidi urbani e speciali. Con il suo intervento, secondo le indagini, l’avvocato-imprenditore dei Casalesi Cipriano Chianese riuscì a portarla nelle mani di suo fratello Francesco, nel dicembre del 2005.
Insieme all’imprenditore, la Dia ha arrestato anche Carlo Verde, 37 anni, suo collaboratore.
Cipriano Chianese è stato il primo a essere rinviato a giudizio, in Italia, negli anni ’90 per disastro ambientale ed avvelenamento delle falde acquifere. Ad aprile, per ordine del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, gli sono stati confiscati beni per 82 milioni di euro, che erano stati sequestrati nel dicembre del 2006.
L’inchiesta era stata già archiviata, ma è stata riaperta nel 2011 sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, in precedenza affiliato ai Casalesi, che la Dda di Napoli e la Dia hanno analizzato alla luce di altre precedenti testimonianze di altre persone, di numerose intercettazioni e del contenuto di molti documenti. L’analisi di questo materiale, in precedenza non compiutamente interpretabile, ha portato alla riapertura delle indagini che erano state archiviate nel 2011. Nell’inchiesta, Chianese è considerato da Dda e Dia il mandante, il regista e, insieme ad altri, parziale esecutore delle attività che nel dicembre 2005 portarono il clan dei Casalesi, tramite il fratello di Chianese, ad acquisire quote e gestione della società di trasporto Mary Trans e del relativo complesso aziendale.
Chianese è considerato dagli investigatori come «colletto bianco» del clan dei Casalesi; la prima ordinanza d’arresto nei suoi riguardi è del 1993, quando fu accusato per associazione mafiosa, insieme ad altri 20 imprenditori del settore dei rifiuti.
In quel contesto d’indagine venne accertato che i clan del Casertano e del Napoletano, nel 1987, avevano favorito alcuni candidati nelle elezioni politiche e amministrative che si erano detti favorevoli ad autorizzare gli impianti di smaltimento dei rifiuti del Napoletano a ricevere – in piena violazione delle norme – i rifiuti solidi urbani extraregionali. Chianese, in quell’occasione, venne assolto dal Tribunale di Napoli che, invece, condannò molti imprenditori e politici.
Nel 2005 venne raggiunto da un’altra ordinanza d’arresto e da un provvedimento di sequestro beni con l’accusa di avere fornito sostegno ai Casalesi. Nell’agosto del 2006, le indagini della Dia hanno accertato che una società riconducibile a Chianese, qualche anno prima, aveva acquistato l’area sulla quale sorgeva un impianto di smaltimento dei rifiuti (ottenuto grazie all’intermediazione dei due capizona dei Casalesi Dario Simone e Raffaele Ferrara). L’area e l’impianto vennero sequestrati e, per la prima volta in Italia, un indagato – Cipriano Chianese, appunto – venne rinviato a giudizio per disastro ambientale ed avvelenamento delle falde acquifere. Il procedimento giudiziario nei suoi confronti è ancora in corso. Oltre ad aver subito il sequestro (nel dicembre 2006) e la confisca (nell’aprile 2013) di beni per 82 milioni di euro, Cipriano Chianese è stato sottoposto in passato all’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per 3 anni e sei mesi.