Al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, la Squadra Mobile di Caserta ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip in relazione ai reati di usura, estorsione e calunnia, aggravati dalla metodologia mafiosa, nei confronti di Fernando Cantile, 62enne.
L’indagine e’ scaturita da una serie di denunce presentate da un imprenditore agricolo, titolare di un’azienda bufalina di Villa Literno, che ha denunciato continue richieste usurarie e minacce estorsive da parte dell’indagato, a fronte di un prestito di 50mila euro concesso nel 2005, in cambio del pagamento di interessi pari al 10% mensile (per un totale di 120% all’anno), con la garanzia del rilascio di assegni a firma della vittima o della moglie.
Secondo le dichiarazioni dell’imprenditore, la somma, a seguito dei ripetuti rinnovi del prestito, nel 2011, era lievitata fino all’importo di 750mila euro, benché nel corso degli anni il capitale iniziale fosse stato ampiamente restituito.
Gli investigatori hanno inoltre accertato che la vittima era stata indotta in uno stato di soggezione assoluta in quanto l’indagato, per ottenere il puntuale pagamento delle somme pretese, lo aveva minacciato sostenendo che il denaro che gli aveva prestato proveniva dal boss Michele Zagaria, all’epoca latitante, con il quale vantava un’amicizia, nota alla stessa vittima.
Secondo la ricostruzione della Procura e della Squadra Mobile, la vittima, per far fronte alle pretese usurarie dell’indagato, e per giustificare l’esborso delle somme ricevute, nel corso degli anni era stato costretto anche ad acquistare, senza alcuna preventiva richiesta, e ad un prezzo esorbitante, centinaia di capi bufalini che aveva dovuto poi abbattere perché ammalati o vecchi.
In seguito, a garanzia dei prestiti usurari, era stato costretto a sottoscrivere delle scritture private aventi ad oggetto la cessione della sua azienda agricola nonché a concedere a titolo gratuito all’indagato, lui stesso imprenditore agricolo, la possibilità di coltivare i terreni ad essa annessi per rientrare delle somme pretese.
Dagli accertamenti e’ inoltre emerso che l’indagato, venuto a conoscenza delle indagini a suo carico, aveva falsamente accusato l’imprenditore, con denunce presentate presso diversi uffici di polizia, di truffa e minacce, ed infatti risulta indagato anche per il reato di calunnia.
Al termine delle indagini, il gip presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha ritenuto sussistente anche l’aggravante della metodologia mafiosa e, pur dichiarandosi funzionalmente incompetente e disponendo la successiva trasmissione degli atti alla Procura Antimafia di Napoli, ha adottato la misura cautelare in carcere.