Costellazioni è un lavoro intenso e complesso, è un vero e proprio vademecum per la comprensione della cosiddetta “modernità”.
Cosa racconteremo di questi anni zero? Ma soprattutto cosa canteremo?
Se c’è una voce narrante di questi anni zero, è quella di Vasco Brondi. In un mercato discografico vorace, superficiale, un presente da “Guerra lampo pop” che macina dischi e personaggi lui risale la corrente nel verso opposto, con ritmi lenti, quasi anacronistici; ma più adatti a comprendere più che a stare in scia.
Costellazioni è un lavoro intenso e complesso, è un vero e proprio vademecum per la comprensione della cosiddetta “modernità”, quella che a dispetto del decantato progresso sta facendo regredire la nostra società e con essa, in qualche modo, anche i rapporti umani.
Ci sentiamo di più, ma sentiamo sempre meno: “strana l’intimità nell’età della tecnica/ tre generazioni impreparate alla povertà”. Mentre i lavori precedenti erano più essenziali e “gridati”, Costellazioni indaga zone nuove, apre prospettive diverse. “…forse si trattava di dimenticare tutto come in un dopoguerra/ forse si tratta di fabbricare quello che verrà” in questi versi de “Le ragazze stanno bene”, una delle vette musicali ed emozionali del disco, ritrovo il cambio di marcia de Le Luci, la presa d’atto di ciò che siamo, di ciò che viviamo per potere da qui costruirci un senso, un futuro a nostra immagine, ridimensionato forse, ma pur sempre nostro.
Il terzo lavoro di Vasco Brondi è la sintesi di due lavorazioni diverse del disco: la prima realizzata insieme a Federico Dragogna de i “Ministri” ed una seconda con una vera e propria band alla ricerca di un sound più caldo e pregnante. Il risultato è un disco che coniuga queste due facce della stessa medaglia musicale, dividendosi un po’ a metà con una prima parte molto ricca e pregna di arrangiamenti e colorazioni, per poi passare ad una sorta di lato b (in rigoroso ordine di scaletta) in cui i pezzi sono più essenziali, come ad esempio “40 Km”.
Musicalmente questo disco indaga vari generi, dal classico stile de Le luci fino ad incursioni elettroniche che richiamano alla mente i CCCP in “Ti vendi bene”, vera sorpresa di questo album in cui ci si trova a cantare e a ballare, incredibile, ma vero ed il tutto funziona davvero alla grande.
I riferimenti culturali e musicali toccano i tasti giusti, come ad esempio in “Sonic Youth”: “c’era un rumore in lontananza, ma eri tu che ascoltavi gli Smiths e i Sonic Youth” parole che destano gli animi di una generazione poco avvezza a specchiarsi nelle hit usa e getta. Le citazioni di Battiato e De André in “Una cosa spirituale”. Canzoni, quelle di Brondi, non facili da gestire sul momento, ma in cui con pazienza puoi ritrovare le tracce di questi giorni frammentari, di questi anni che non lasceranno nemmeno “belle macerie”.
Apparentemente queste canzoni parlano solo ad alcuni, ma lasciatesi alle spalle le diffidenze le parole di Vasco, veicolate da suoni nuovi riescono a parlare di tutti, senza necessariamente dover tirare fuori le rime ormai violentate da troppe canzoni.
A volte per capire veramente come siamo abbiamo bisogno di farcelo raccontare da altri: questo disco è il racconto necessario. Se, ad oggi, dovessi lasciare un disco per descrivere questi anni, Costellazioni sarebbe quel disco.
(Raffaele Calvanese)