Cronaca

Antonio Iovine “collaboratore di giustizia”

Potrebbe rivelarsi una vera e propria “bomba”, destinata a sconvolgere gli equilibri criminali ed aiutare la magistratura: il boss camorristico Antonio Iovine, detto “O’ninno”, ha deciso di diventare “collaboratore di giustizia”.

Arrestato il 17 novembre 2010 dopo quattordici anni di latitanza dall’ex capo della Mobile di Napoli Vittorio Pisani, sulla decisione di Iovine devono certo aver pesato i trascorsi 4 anni di carcere duro con il regime del 41bis. Condannato all’ergastolo e con decine di inchieste sulla testa “O ‘ninno” deve aver capito che probabilmente per lui non restava altra strada che collaborare.

Le possibili rivelazioni di “O’ ninno”  sicuramente avranno forti ripercussioni, in particolare sul clan camorristico dei Casalesi. Se esistono molti boss di mafia pentiti, non è altrettanto nella camorra. Iovine è stato ai vertici del clan camorristico dei Casalesi per oltre dieci anni, non esistono precedenti simili, se non forse quello di Pasquale Galasso, capo della Nuova famiglia. L’altro pentito del clan camorristico dei Casalesi che ha cambiato la storia è stato Carmine Schiavone, ma era un capo della vecchia generazione, marginalizzato nell’ultima fase, che decise di pentirsi proprio perché estromesso dai vertici.  Con Iovine invece la storia è invece completamente diversa. “O ‘ninno” è un boss moderno, quello che è stato capace di investire e far fruttare i proventi del narcotraffico e dare un respiro imprenditoriale all’economia della camorra.

La svolta è arrivata un paio di settimane fa quando Iovine ha cominciato a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.

Ma i primi segnali erano arrivati già il 6 agosto del 2011 quando, convocato dal pm Ardituro per essere interrogato su una storia di usura, Iovine lasciò trasparire qualche timidissima apertura. Quel primo contatto però rimase a lungo isolato.

Poi, a dicembre, il boss del clan camorristico dei Casalesi  ha deciso di revocare i suoi avvocati, segnale indicativo di una volontà di cambiare atteggiamento e, agli inizi di maggio di quest’anno, il padrino ha saltato il fosso, cominciando a riempire pagine di verbale sulle quali ora i magistrati lavorano per vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni e trovare i riscontri.

Il detenuto è stato subito trasferito da Nuoro, dove era recluso in regime di carcere duro, mentre per i congiunti è scattato il piano di protezione.

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