Un vero e proprio sistema politico, imprenditoriale e criminale, senza alcun orientamento politico prevalente: l’importante, secondo quanto descritto da Antonio Iovine ex boss dei Casalesi, erano gli affari.
Le rivelazioni di Iovine, il “manager” del clan, stanno coinvolgendo ogni settore della società campana, una piovra in grado di entrare addirittura nel cuore delle aule di tribunale “comprando” sentenze e magistrati. Naturalmente i partiti e la politica sono da sempre stati una fondamentale pedina nello scacchiere dei clan, anche se media e opinione pubblica collegavano gli interessi criminali al solo centro destra Cosentiniano. In un articolo sul Corriere della Sera, Giovanni Bianconi descrive invece il sistema di appalti, accordi e connivenze che il clan dei Casalesi avrebbe costruito con il centro sinistra campano.
Secondo quanto dichiarato da Iovine, i protagonisti del sistema andrebbero ricercati in importanti referenti della sinistra napoletana e campana. Tutto ha inizio con le rivelazioni riguardo il rapporto esistente con l’imprenditore Giovanni Malinconico (nella foto a sn), già noto alle cronache giudiziarie e condannato in primo grado a 6 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. “Raccontando il rapporto che ho avuto con l’imprenditore Giovanni Malinconico – dichiara Iovine nell’interrogatorio con i PM Antonello Ardituro e Cesare Sirignano – con il quale posso dire di aver avuto una vera e propria società. Poiché aveva in corso un cantiere per una grande opera e aveva bisogno di protezione, chiese di parlare con me. Siamo intorno all’anno 2000. Lui mi diede 250 milioni di lire in varie rate, e da allora abbiamo avuto un rapporto stabile, e in occasione di tutti i lavori che ha avuto mi ha sempre dato ingenti somme di denaro sotto forma di percentuale del 5 per cento“.
“Il Malinconico – prosegue Iovine – otteneva in cambio degli importanti servizi che posso riassumere nel senso che aveva la tranquillità di poter svolgere liberamente la sua attività senza che nessuno potesse interferire chiedendo dei soldi, bloccando cantieri, chiedendo l’assunzione di persone, chiedendo di preferire alcune imprese per le forniture, ad esempio, di calcestruzzo, chiedendo di favorire alcune imprese per i subappalti e così via. Si trattava di una sorta di pacchetto completo che comprendeva anche il fatto che lui si rapportava esclusivamente con me, e poi provvedevo io, di volta in volta, a regolare i conti con chi territorialmente aveva diritto a una quota“.
Un sistema che permetteva ad ingenti somme di denaro provenienti dagli appalti pubblici di finire – secondo la ricostruzione del boss pentito – nelle tasche dei clan, clan che talvolta intervenivano direttamente affinché determinati appalti finissero nelle mani giuste, mentre spesso bastavano i buoni rapporti tra imprenditori ed esponenti politici. In questo caso infatti la “società” poteva avvalersi, per gare d’appalto e finanziamenti – spiega l’esponente dei casalesi – dei legami di Malinconico con importanti esponenti del Pd Campano.
Iovine, durante il processo che vede imputato l’ex Sindaco di Villa Literno Fabozzi, ha dichiarato che “il referente dell’imprenditore Malinconico era Achille Natalizio (nella foto a dx) , rappresentante politico in Regione per le forze di centrosinistra; se arrivavano finanziamenti sul consorzio di Caserta, sapevamo che potevamo contare sul legame tra Malinconico e Natalizio“.
Un legame politico confermato dallo stesso Malinconico che ha ammesso di aver finanziato diverse campagne elettorali di uomini del Pd (o Ds) dell’area Bassoliniana: “Nel 2005, in occasione delle elezioni regionali, poiché Natalizio era il referente di Antonio Bassolino per le zone dell’Alto casertano, ricordo che pagai per una cena elettorale tenutasi a Città della Scienza 1.000 euro a persona per dieci persone, come forma di contributo per la campagna elettorale. In altre occasioni ho sottoscritto alcune quote per un totale di 3.500 euro in due occasioni per la Fondazione Sud. Ho dato, inoltre, somme di denaro per tante campagne elettorali; per esempio per il Consiglio comunale di Napoli diedi contributi al Natalizio che appoggiava Paolucci“.
Malinconico mediante la sua “generosità” in campagna elettorale cercava di inserirsi, è egli stesso a spiegarlo, nei ricchi appalti del settore pubblico. Riqualificazione di Bagnoli su tutti: “Ricordo che ci fu la campagna elettorale a Napoli e rammento che mi fu presentato Paolucci e Hubler, e qui entra il fatto del mio interesse come imprenditore di riuscire a lavorare a Bagnolifutura, e diedi anche altri contributi, per la campagna elettorale di Napoli , perché Paolucci fu il primo eletto“.
Riguardo una gara da 5 milioni bandita dalla Regione Campania di cui Natalizio era diventato un membro influente, Malinconico ha dichiarato: “L’appalto è stato aggiudicato con il 48 percento di ribasso e non so dire se ci siano stati interventi per manovrare la gara, ma – precisa l’imprenditore – evidentemente la mia appartenenza alla medesima cordata politica, certamente procurava una certa disponibilità nei miei confronti“.
In sintesi, si sta delineando – attraverso le dichiarazioni di Iovine e Malinconico – un sistema perfetto che garantiva agli imprenditori di vincere appalti grazie al lavoro istituzionale dei politici amici che, a loro volta, ricevevano ingenti finanziamenti per le campagne elettorali. Il tutto sotto il controllo del clan di Antonio Iovine che – in cambio del 5 percento sugli appalti – garantiva le forniture di materie prime e si occupava di dividere i proventi tra i “capizona” in modo da evitare problemi per gli imprenditori.
(Diego Civitillo – www.epressonline.net)